RE_VINO
ECCO IL NOME CHE AVREI VOLUTO DARE A UNO DEI MIEI PRIMI PROGETTI IMPRENDITORIALI, QUELLI NATI SUI BANCHI UNIVERSITARI, QUANDO OGNI GIORNO AVEVO UN’IDEA DIVERSA, FOLGORANTE… e potevo ancora permettermi di fantasticare, credere che avrei potuto realizzare qualsiasi cosa.
Il primo ricordo che ho legato al vino, include una cantina piemontese, l’azienda agricola Bera e la presenza di mio nonno, Dino. Avevo, si e no, 10 anni e spesso accompagnavo mio nonno nel suo giro di consegne piemontese (di olio). All’epoca feci il mio primo assaggio dalla botte, non sapevo cosa significasse: assaggiare un vino prima che questo venga imbottigliato e cercare di capire se è pronto, individuarne il potenziale e carpirne l’evoluzione futura. La mia memoria ha intrappolato quel momento e oggi, oltre 15 anni dopo, le sensazioni, gli odori, i profumi, i gusti, le percezioni tattili sono ancora vive. Si trattava di ‘Nuovo Messaggio’, un moscato passito.
Il vino è un prodotto incredibile, non basta una vita per poter affermare di conoscerlo, davvero. Dal momento in cui mi sono avvicinata al mondo del vino, non ho mai smesso di coltivare questa mia passione. Pollenzo è stato il luogo in cui ho potuto imparare e sperimentare di più: l’università di scienze gastronomiche ha gettato le basi e io ci ho messo del mio, il corso AIS e l’esperienza lavorativa in Banca del Vino. Non riuscivo a credere quanta complessità poteva celarsi dentro o dietro a un calice, quante variabili, quante persone, quanti luoghi, quali tecnologie, quali sperimentazioni.
Non è semplice parlare di vino, si cade spesso nel banale o peggio, si usa un linguaggio forbito, tecnico, incomprensibile ai più. Quello che ho deciso di fare è condividere delle esperienze legate a questo prodotto: l’incontro con un produttore, le degustazioni con gli amici, una cena, gli acquisti in enoteca, una scampagnata in vigna.
Il vino non poteva mancare, non in questo progetto, non avrei mai potuto mettere a tacere questo mio interesse. Proprio da quI nasce l’idea di creare una selezione di vini che mi piacciono, vini buoni, fatti bene, nel modo più naturale possibile. Ci sono dei principi, per me essenziali, secondo i quali scegliere un vino: l’identità, quella del suo produttore; l’attenzione rivolta alla vigna, alla sua cura nel rispetto dell’ambiente circostante; la valorizzazione del terroir e del vitigno; la salubrità del vino; l’uso moderato delle tecnologie, evitando la chimica; l’intervento rispettoso dell’uomo, l’impiego di tecniche di vinificazione il meno interventiste possibili.
Inizia così la ricerca di vini e produttori locali, liguri che rispecchino l’idea di vino che ho descritto qui sopra. Un vino vero, il RE del vino, quello che non ha bisogno di primeggiare, di essere meglio ma è semplicemente com’è, nel suo essere diverso ogni anno, espressione di un territorio, di un suolo, di una mano, del clima, del vitigno. La nostra terra, l’entroterra ligure rappresenta uno dei luoghi dove è più complesso e difficile fare agricoltura, in Italia e forse nel mondo. La viticoltura di questa regione si basa su vitigni autoctoni, viti disposte su terrazzamenti stretti dove il lavoro può essere svolto solo manualmente, colline che guardano il mare, sorrette da muri a secco e sferzate dal vento, strade ripide e instabili.
Il vino ligure a volte è imbevibile ma ci sono persone che del vino hanno fatto la loro vita e io li ho incontrati, questi attori, uomini con 50 vendemmie sulle spalle, insieme alla donne del vino, giovani e intraprendenti.