LA STORIA DI MADAME CLICQUOT PONSARDIN O LA MIA

LA STORIA DI MADAME CLICQUOT PONSARDIN O LA MIA

RECENTEMENTE HO ASCOLTATO LA STORIA DI MADAME CLICQUOT PONSARDIN, UNA DONNA INCREDIBILE VISSUTA TRA SETTECENTO E OTTOCENTO, UNA RIVOLUZIONARIA, UNA DONNA DEL VINO, LA GRANDE DAME DELLO CHAMPAGNE.

Mi capita spesso, nei trenta minuti che trascorro in auto per raggiungere la sede dell’azienda, di ascoltare un podcast. Il mio preferito è senza dubbio Morgana. Una produzione molto interessante, realizzata da due donne, Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, che descrivono il loro progetto così: “Morgana è la casa delle donne fuori dagli schemi. Controcorrente, strane […] a modo loro tutte diverse e difficili da collocare. Donne che vogliono piacersi, non compiacervi, un po’ fate e molto streghe […]”

La storia della signora Clicquot, che manterrà il cognome del marito dopo la sua prematura scomparsa, è l’emblema di quanto si possa fare, nonostante tutto. Nonostante nel 1777 fosse nata femmina. Una persona intelligente, intraprendente, ha realizzato il primo champagne millesimato nel 1810 e solo sei anni più tardi ha costruito la table de remuage. La sua dimestichezza con i numeri le è stata di grande aiuto nel dimostrare di saper fare, di poter mandare avanti l’azienda del marito egregiamente, aumentando considerevolmente la produzione e portando il suo vino fino in Russia, sfidando il blocco continentale del 1814. In un mondo dominato dagli uomini, lei era una donna, una donna in gamba.

Michela Murgia, per l’uscita dei nuovi episodi, aggiunge alla descrizione queste frasi:”Sono io l’uomo ricco, storie di donne che non hanno avuto bisogno di sposare un uomo con i soldi. Donne che con le proprie vite e il proprio lavoro hanno contribuito o contribuiscono a colmare il gender gap proprio partendo dalla possibilità e capacità di gestire in autonomia il proprio denaro.”

L’agricoltura è un settore prettamente maschile, non si addice ad una donna, fisicamente più debole. Nella mia regione, la Liguria, si vive di turismo, si, ma anche e soprattutto di agricoltura. Nell’entroterra non si parla d’altro: uomini che discutono in dialetto dell’andamento dei lavori in campagna, di previsioni per il futuro, per il raccolto. Io sono una donna, una giovane donna che ha deciso di intraprendere un percorso che, normalmente, nella mia terra, è prerogativa degli uomini.

Ascoltare la storia di Barbe è stato di grande ispirazione. Certo, non siamo nell’800 e io non dispongo dei capitali di cui poteva usufruire la Grande Dame ma lo spirito che mi guida è lo stesso: farsi strada in un mondo che non ti vuole. Lei è riuscita nel suo intento, farsi riconoscere per quella che era, attraversando le difficoltà a testa alta. Ma oggi, quando ci ritroviamo davanti una bottiglia di champagne Veuve-Clicquot in che misura lo leghiamo all’esperienza di Barbe? Ci siamo dimenticati di lei, della sua storia. E se non ci fosse ‘La Grand Dame’? Il ricordo svanirebbe?

Le mie idee vengono spesso etichettate come qualcosa di folle, irrealizzabile. L’agricoltura di precisione, l’uso dei droni sembrano miraggi, come ufo provenienti da Marte e casualmente atterrati su questa terra aspra e inospitale. Ogni qualvolta affermo che la gestione dell’impresa agricola è da rivoluzionare, l’affermazione viene colta con una smorfia: se sono decenni che facciamo quel che facciamo, come lo facciamo, ci sarà un motivo.

Ho studiato molto, ho fatto esperienze diverse nel mondo del lavoro e soltanto dopo ho deciso di tornare alla mia terra. Sapevo che una volta qui, mi sarei dovuta scontrare con la realtà dei fatti e contrastare un sistema ben radicato che mai ho voluto accettare. Quello che voglio fare, nel mio piccolo, è portare avanti un’idea di impresa agricola al cui centro si trova il territorio e la sua conservazione. Un passo alla volta, portare grandi insignificanti innovazioni, cambiare paradigma, evolvere, mettersi in discussione per migliorare e crescere.

Ogni volta che sarò sul punto di mollare, ascolterò un episodio di Morgana e farò tesoro delle esperienze altrui. Vi consiglio di fare altrettanto e di credere in quello che fate.